sabato 6 maggio 2017

CI CHIAMA PER NOME

In quel tempo, Gesù disse: «In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei». Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro. Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza». (Gv 10,1-10)
"Il pastore chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori". Queste parole ricordano l'incontro fra Gesù e Zaccheo. Un po' come la pecorella smarrita ricorda la storia di Giobbe.
Spesso si parla e si pensa di Zaccheo come un "chiamato", un "salvato" da Gesù che ha fatto il primo passo verso di lui. Però Zaccheo su quell'albero c'è voluto salire. Poteva starsene a casa o fra la folla, ma lui ha scelto di salire. Perchè? Forse aveva bisogno di qualcosa; forse tutte le sue ricchezze non lo rendevano felice. Era ricco, sì, ma in cuor suo si sentiva misero. Quel salire sul sicomoro è stato il suo modo di gridare a Dio il suo malessere. Come Giobbe, che dopo essere stato colpito in tutto quella che aveva (affetti, beni, famiglia, salute), urla, quasi bestemmiando, a Dio. Quel salire, quell'urlare è la scintilla che dà il via a un cambiamento nella loro vita. È un punto di rottura. È la cosa che permette a Gesù, a Dio di chiamarli e chiamarci per nome e di dire: "Eccomi, sono qui e sono qui per te". È la cosa che permette a Dio di farci una proposta. Poi Dio ci lascia liberi di accettare o meno. Spetta a noi rispondere sì o no a ogni proposta, in ogni giorno, in ogni piccolo bivio quotidiano. Sono scelte spesso controcorrente, che però ci cambiano la vita come l'hanno cambiata a Zaccheo. Da questi "Sì" nasce qualcosa. Qualcosa che non cambia solamente la vita di chi lo pronuncia. Qualcosa che va oltre. Nel caso di Zaccheo, ad esempio, va verso i poveri, e sicuramente quel percorso non si è fermati lì. Quel grido insomma apre una strada nuova.
Sappiamo dai Vangeli che Gesù ha gridato dalla Croce, ha gridato: “Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Mc 15,34; cfr Mt 27,46), e ha gridato ancora una volta alla fine. E questo grido risponde ad una dimensione fondamentale dei Salmi: nei momenti terribili della vita umana, molti Salmi sono un forte grido a Dio: “Aiutaci, ascoltaci!”. Proprio oggi, nel Breviario, abbiamo pregato in questo senso: Dove sei tu Dio? “Siamo venduti come pecore da macello” (Sal 44,12). Un grido dell’umanità sofferente! E Gesù, che è il vero soggetto dei Salmi, porta realmente questo grido dell’umanità a Dio, alle orecchie di Dio: “Aiutaci e ascoltaci!”. Egli trasforma tutta la sofferenza umana, prendendola in se stesso, in un grido alle orecchie di Dio. (Benedetto XVI, Lectio divina, Giovedì 18 febbraio 2010)
Rovistiamo allora dentro di noi e preghiamo con il nostro urlo. Saliamo sul sicomoro, urliamo il nostro malessere a Dio in modo da permettergli di farci visita, da permettergli di farci una proposta, da permettergli di chiamarci per nome e condurci fuori. Gesù è la porta, la via, la verità e la Vita.
Tardi ti amai, bellezza così antica e così nuova, tardi ti amai. Sì, perché tu eri dentro di me e io fuori. Lì ti cercavo. Eri con me, e non ero con te. Mi tenevano lontano da te le tue creature, inesistenti se non esistessero in te. Mi chiamasti, e il tuo grido sfondò la mia sordità; balenasti, e il tuo splendore dissipò la mia cecità; diffondesti la tua fragranza, e respirai e anelo verso di te, gustai e ho fame e sete; mi toccasti, e arsi di desiderio della tua pace. (Sant'Agostino d'Ippona)

sabato 29 aprile 2017

LENTI DI CUORE

Ed ecco, in quello stesso giorno, il primo della settimana, due dei discepoli erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. 
Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?». Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto». 
Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui. 
Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro. 
Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. Ed essi dissero l’un l’altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?». 
Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane. (Lc 24,13-35)
Quante volte ci lasciamo andare e come i discepoli di Emmaus ci facciamo vincere dallo sconforto o dalla delusione!
Quante volte viviamo la nostra vita come se Gesù non fosse mai esistito, come se non lo avessimo mai incontrato!
Quante volte abbiamo la pretesa di educare gli altri senza aver prima educato il nostro cuore all'ascolto e alla preghiera!
Assomiglio a quelli che ormai organizzavano la loro vita senza di Lui, come i due discepoli di Emmaus, stolti e lenti di cuore a credere nelle parole dei profeti? (Papa Francesco, Chiesa del Getsemani, Gerusalemme, lunedì 26 maggio 2014)
Preghiamo, chiediamo a Gesù di affiancarci, sempre, senza mai stancarsi. Apriamo il nostro cuore. Ascoltiamo Gesù nel silenzio, riconosciamolo in quel pane spezzato e torniamo indietro tutte le volte che ne sentiamo il bisogno, come hanno fatto i discepoli di Emmaus.
La formazione richiede anche persone capaci di pazienza e di ascolto, che non pretendono risultati immediati, ma sappiano attendere e rispettare i diversi tempi di crescita delle singole persone. Per fare questo però occorre che coloro che assumono un tale compito, abbiano anzitutto scoperto la presenza del Signore nella loro vita, convinte che, soltanto specchiandosi in lui, possono realizzare la loro identità di formatrici, le quali sanno dare gratuitamente, senza attendere ricompense o gratificazioni. Anche a Gesù, del resto, fu necessario l’intero viaggio da Gerusalemme a Emmaus per poter entrare in comunicazione con i suoi discepoli. (Giovanni Paolo II, ad un gruppo di novizie, lunedì 10 aprile 1989)

lunedì 24 aprile 2017

PACE A VOI

La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.
Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».
Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».
Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».
Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome. (Gv 20,19-31)
La parola "pace", negli anni, soprattutto da metà del secolo scorso a oggi, ha visto perdere buona parte della sua natura, riducendosi a parola vuota da finale di Miss Italia o peggio ancora a motivo di guerra. Il saluto di Gesù, nonostante sia ripetuto tre volte in poche parole, infatti, passa quasi inosservato. Eppure, se Gesù lo ripete, deve essere importante!
"Per avere una vera Pace bisogna darle un'anima. Anima della Pace è l'amore, che per noi credenti discende dall'amore di Dio e si diffonde in amore per gli uomini. Questa è la chiave del Sistema della vera pace, la chiave di quell'amore, che si chiama carità. L'amore-carità genera la riconciliazione; è un atto creativo nel ciclo dei rapporti umani. L'amore supera le discordie, le gelosie, le antipatie, le antitesi ataviche e quelle nuove insorgenti. L'amore dà alla pace la sua vera radice, toglie l'ipocrisia, la precarietà, l'egoismo. L'amore è l'arte della pace; esso genera una pedagogia nuova". (Paolo VI, Santa Messa nella solennità di Maria Madre di Dio, 1 gennaio 1975)
Trovare e mantenere la pace nel nostro cuore è forse la cosa più difficile del mondo. Non perdiamoci d'animo, anche quando facciamo o subiamo cose che sono contrarie alla pace; dobbiamo renderci conto che da soli non possiamo farcela. Preghiamo, chiediamo aiuto a Gesù; chiediamogli di continuare a salutarci con quelle parole: "Pace a voi". Nelle piccole e grandi "ferite" della nostra vita, ricordiamoci di questo saluto. Sarà Gesù allora a mettere le sue mani nelle nostre ferite e noi potremo, così, ripetere con San Tommaso la più bella delle professioni di fede: "Mio Signore e mio Dio!".
"Che cosa è la pace? Che cosa può essere la pace sulla terra, la pace tra gli uomini e i popoli, se non il frutto della fratellanza, che si dimostrerà più forte di ciò che divide e contrappone reciprocamente gli uomini?". (Giovanni Paolo II, Santa Messa nella solennità di Maria Madre di Dio, Basilica di San Pietro, Giovedì 1 gennaio 1981)

domenica 16 aprile 2017

NON ABBIATE PAURA

Dopo il sabato, all'alba del primo giorno della settimana, Maria di Màgdala e l'altra Maria andarono a visitare la tomba. Ed ecco, vi fu un gran terremoto. Un angelo del Signore, infatti, sceso dal cielo, si avvicinò, rotolò la pietra e si pose a sedere su di essa. Il suo aspetto era come folgore e il suo vestito bianco come neve. Per lo spavento che ebbero di lui, le guardie furono scosse e rimasero come morte. L'angelo disse alle donne: «Voi non abbiate paura! So che cercate Gesù, il crocifisso. Non è qui. È risorto, infatti, come aveva detto; venite, guardate il luogo dove era stato deposto. Presto, andate a dire ai suoi discepoli: "È risorto dai morti, ed ecco, vi precede in Galilea; là lo vedrete". Ecco, io ve l'ho detto». Abbandonato in fretta il sepolcro con timore e gioia grande, le donne corsero a dare l'annuncio ai suoi discepoli. Ed ecco, Gesù venne loro incontro e disse: «Salute a voi!». Ed esse si avvicinarono, gli abbracciarono i piedi e lo adorarono. Allora Gesù disse loro: «Non temete; andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno». (Mt 28,1-10)
È il giorno più bello. È il giorno che Dio ha fatto per noi, per ciascuno di noi. È il giorno che ha cambiato la storia dell'umanità.
Oggi, a noi che spesso abbiamo paura di fare la volontà di Dio, l'angelo del Signore ci dice: "Non abbiate paura" (Mt 28,5). Fidiamoci di questo invito, di queste parole d'amore. Noi non possiamo capire i pensieri di Dio perché "come i cieli sono alti al di sopra della terra, così sono le mie vie più alte delle vostre vie, e i miei pensieri più alti dei vostri pensieri" (Is 55,9). Non scoraggiamoci di fronte alle difficoltà, di fronte al male che non riusciamo a comprendere. Fidiamoci di Dio. Permettiamo a Dio di lavorare su di noi. Come fossimo tronchi d'albero, facciamoci tagliare, scolpire, levigare dal Signore, affinché possiamo diventare parti di un bellissimo polittico.
Fidiamoci, Gesù è veramente risorto!
"Nel cuore di ogni uomo c'è, amici miei, il desiderio di una casa. Tanto più in un cuore giovane c'è il grande anelito ad una casa propria, che sia solida, nella quale non soltanto si possa tornare con gioia, ma anche con gioia si possa accogliere ogni ospite che viene. È la nostalgia di una casa nella quale il pane quotidiano sia l'amore, il perdono, la necessità di comprensione, nella quale la verità sia la sorgente da cui sgorga la pace del cuore. È la nostalgia di una casa di cui si possa essere orgogliosi, di cui non ci si debba vergognare e della quale non si debba mai piangere il crollo. Questa nostalgia non è che il desiderio di una vita piena, felice, riuscita. Non abbiate paura di questo desiderio! Non lo sfuggite! Non vi scoraggiate alla vista delle case crollate, dei desideri vanificati, delle nostalgie svanite. Dio Creatore, che infonde in un giovane cuore l'immenso desiderio della felicità, non lo abbandona poi nella faticosa costruzione di quella casa che si chiama vita. Amici miei, una domanda si impone: "Come costruire questa casa?". È una domanda che sicuramente si è già affacciata molte volte al vostro cuore e che ancora tante volte ritornerà. È una domanda che è doveroso porre a se stessi non una volta soltanto. Ogni giorno deve stare davanti agli occhi del cuore: come costruire quella casa chiamata vita? Gesù, le cui parole abbiamo ascoltato nella redazione dell'evangelista Matteo, ci esorta a costruire sulla roccia. Soltanto così infatti la casa non crollerà. Ma che cosa vuol dire costruire la casa sulla roccia? Costruire sulla roccia vuol dire prima di tutto: costruire su Cristo e con Cristo. Gesù dice: "Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, è simile a un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia" (Mt 7, 24). Non si tratta qui di parole vuote dette da una persona qualsiasi, ma delle parole di Gesù. Non si tratta di ascoltare una persona qualunque, ma di ascoltare Gesù. Non si tratta di compiere una cosa qualsiasi, ma di compiere le parole di Gesù. Costruire su Cristo e con Cristo significa costruire su un fondamento che si chiama amore crocifisso. Vuol dire costruire con Qualcuno che, conoscendoci meglio di noi stessi, ci dice: "Tu sei prezioso ai miei occhi, ...sei degno di stima e io ti amo" (Is 43, 4). Vuol dire costruire con Qualcuno che è sempre fedele, anche se noi manchiamo di fedeltà, perché egli non può rinnegare se stesso (cfr 2 Tm 2, 13). Vuol dire costruire con Qualcuno che si china costantemente sul cuore ferito dell'uomo e dice: "Non ti condanno; va' e d'ora in poi non peccare più" (cfr Gv 8, 11). Vuol dire costruire con Qualcuno, che dall'alto della croce stende le sue braccia, per ripetere per tutta l'eternità: "Io do la mia vita per te, uomo, perché ti amo". Costruire su Cristo vuol dire infine fondare sulla sua volontà tutti i propri desideri, le attese, i sogni, le ambizioni e tutti i propri progetti. Significa dire a se stessi, alla propria famiglia, ai propri amici e al mondo intero e soprattutto a Cristo: "Signore, nella vita non voglio fare nulla contro di Te, perché Tu sai che cosa è il meglio per me. Solo Tu hai parole di vita eterna" (cfr Gv 6, 68). Amici miei, non abbiate paura di puntare su Cristo! Abbiate nostalgia di Cristo, come fondamento della vita! Accendete in voi il desiderio di costruire la vostra vita con Lui e per Lui! Perché non può perdere colui che punta tutto sull'amore crocifisso del Verbo incarnato". (Benedetto XVI, discorso ai giovani, Kraków-Błonie, 27 maggio 2006)
"Io prego che il Signore mi dia la voglia di fare la sua volontà? O cerco i compromessi, perché ho paura della volontà di Dio?". (Papa Francesco, omelia, Martedì 27 gennaio 2015)

venerdì 14 aprile 2017

CHI CERCHIAMO?

In quel tempo, Gesù uscì con i suoi discepoli al di là del torrente Cèdron, dove c'era un giardino, nel quale entrò con i suoi discepoli. Anche Giuda, il traditore, conosceva quel luogo, perché Gesù spesso si era trovato là con i suoi discepoli. Giuda dunque vi andò, dopo aver preso un gruppo di soldati e alcune guardie fornite dai capi dei sacerdoti e dai farisei, con lanterne, fiaccole e armi. Gesù allora, sapendo tutto quello che doveva accadergli, si fece innanzi e disse loro: «Chi cercate?». Gli risposero: «Gesù, il Nazareno». Disse loro Gesù: «Sono io!». Vi era con loro anche Giuda, il traditore. Appena disse loro «Sono io», indietreggiarono e caddero a terra. Domandò loro di nuovo: «Chi cercate?». Risposero: «Gesù, il Nazareno». Gesù replicò: «Vi ho detto: sono io. Se dunque cercate me, lasciate che questi se ne vadano», perché si compisse la parola che egli aveva detto: «Non ho perduto nessuno di quelli che mi hai dato». Allora Simon Pietro, che aveva una spada, la trasse fuori, colpì il servo del sommo sacerdote e gli tagliò l'orecchio destro. Quel servo si chiamava Malco. Gesù allora disse a Pietro: «Rimetti la spada nel fodero: il calice che il Padre mi ha dato, non dovrò berlo?». Allora i soldati, con il comandante e le guardie dei Giudei, catturarono Gesù, lo legarono e lo condussero prima da Anna: egli infatti era suocero di Caifa, che era sommo sacerdote quell'anno. Caifa era quello che aveva consigliato ai Giudei: «È conveniente che un solo uomo muoia per il popolo». Intanto Simon Pietro seguiva Gesù insieme a un altro discepolo. Questo discepolo era conosciuto dal sommo sacerdote ed entrò con Gesù nel cortile del sommo sacerdote. Pietro invece si fermò fuori, vicino alla porta. Allora quell'altro discepolo, noto al sommo sacerdote, tornò fuori, parlò alla portinaia e fece entrare Pietro. E la giovane portinaia disse a Pietro: «Non sei anche tu uno dei discepoli di quest'uomo?». Egli rispose: «Non lo sono». Intanto i servi e le guardie avevano acceso un fuoco, perché faceva freddo, e si scaldavano; anche Pietro stava con loro e si scaldava. Il sommo sacerdote, dunque, interrogò Gesù riguardo ai suoi discepoli e al suo insegnamento. Gesù gli rispose: «Io ho parlato al mondo apertamente; ho sempre insegnato nella sinagoga e nel tempio, dove tutti i Giudei si riuniscono, e non ho mai detto nulla di nascosto. Perché interroghi me? Interroga quelli che hanno udito ciò che ho detto loro; ecco, essi sanno che cosa ho detto». Appena detto questo, una delle guardie presenti diede uno schiaffo a Gesù, dicendo: «Così rispondi al sommo sacerdote?». Gli rispose Gesù: «Se ho parlato male, dimostrami dov'è il male. Ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?». Allora Anna lo mandò, con le mani legate, a Caifa, il sommo sacerdote. Intanto Simon Pietro stava lì a scaldarsi. Gli dissero: «Non sei anche tu uno dei suoi discepoli?». Egli lo negò e disse: «Non lo sono». Ma uno dei servi del sommo sacerdote, parente di quello a cui Pietro aveva tagliato l'orecchio, disse: «Non ti ho forse visto con lui nel giardino?». Pietro negò di nuovo, e subito un gallo cantò. Condussero poi Gesù dalla casa di Caifa nel pretorio. Era l'alba ed essi non vollero entrare nel pretorio, per non contaminarsi e poter mangiare la Pasqua. Pilato dunque uscì verso di loro e domandò: «Che accusa portate contro quest'uomo?». Gli risposero: «Se costui non fosse un malfattore, non te l'avremmo consegnato». Allora Pilato disse loro: «Prendetelo voi e giudicatelo secondo la vostra Legge!». Gli risposero i Giudei: «A noi non è consentito mettere a morte nessuno». Così si compivano le parole che Gesù aveva detto, indicando di quale morte doveva morire. Pilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce». Gli dice Pilato: «Che cos'è la verità?». E, detto questo, uscì di nuovo verso i Giudei e disse loro: «Io non trovo in lui colpa alcuna. Vi è tra voi l'usanza che, in occasione della Pasqua, io rimetta uno in libertà per voi: volete dunque che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?». Allora essi gridarono di nuovo: «Non costui, ma Barabba!». Barabba era un brigante. Allora Pilato fece prendere Gesù e lo fece flagellare. E i soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero addosso un mantello di porpora. Poi gli si avvicinavano e dicevano: «Salve, re dei Giudei!». E gli davano schiaffi. Pilato uscì fuori di nuovo e disse loro: «Ecco, io ve lo conduco fuori, perché sappiate che non trovo in lui colpa alcuna». Allora Gesù uscì, portando la corona di spine e il mantello di porpora. E Pilato disse loro: «Ecco l'uomo!». Come lo videro, i capi dei sacerdoti e le guardie gridarono: «Crocifiggilo! Crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Prendetelo voi e crocifiggetelo; io in lui non trovo colpa». Gli risposero i Giudei: «Noi abbiamo una Legge e secondo la Legge deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio». All'udire queste parole, Pilato ebbe ancor più paura. Entrò di nuovo nel pretorio e disse a Gesù: «Di dove sei tu?». Ma Gesù non gli diede risposta. Gli disse allora Pilato: «Non mi parli? Non sai che ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce?». Gli rispose Gesù: «Tu non avresti alcun potere su di me, se ciò non ti fosse stato dato dall'alto. Per questo chi mi ha consegnato a te ha un peccato più grande». Da quel momento Pilato cercava di metterlo in libertà. Ma i Giudei gridarono: «Se liberi costui, non sei amico di Cesare! Chiunque si fa re si mette contro Cesare». Udite queste parole, Pilato fece condurre fuori Gesù e sedette in tribunale, nel luogo chiamato Litòstroto, in ebraico Gabbatà. Era la Parascève della Pasqua, verso mezzogiorno. Pilato disse ai Giudei: «Ecco il vostro re!». Ma quelli gridarono: «Via! Via! Crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Metterò in croce il vostro re?». Risposero i capi dei sacerdoti: «Non abbiamo altro re che Cesare». Allora lo consegnò loro perché fosse crocifisso. Essi presero Gesù ed egli, portando la croce, si avviò verso il luogo detto del Cranio, in ebraico Gòlgota, dove lo crocifissero e con lui altri due, uno da una parte e uno dall'altra, e Gesù in mezzo. Pilato compose anche l'iscrizione e la fece porre sulla croce; vi era scritto: «Gesù il Nazareno, il re dei Giudei». Molti Giudei lessero questa iscrizione, perché il luogo dove Gesù fu crocifisso era vicino alla città; era scritta in ebraico, in latino e in greco. I capi dei sacerdoti dei Giudei dissero allora a Pilato: «Non scrivere: "Il re dei Giudei", ma: "Costui ha detto: Io sono il re dei Giudei"». Rispose Pilato: «Quel che ho scritto, ho scritto». I soldati poi, quando ebbero crocifisso Gesù, presero le sue vesti, ne fecero quattro parti – una per ciascun soldato –, e la tunica. Ma quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d'un pezzo da cima a fondo. Perciò dissero tra loro: «Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca». Così si compiva la Scrittura, che dice: «Si sono divisi tra loro le mie vesti e sulla mia tunica hanno gettato la sorte». E i soldati fecero così.  Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre!». E da quell'ora il discepolo l'accolse con sé. Dopo questo, Gesù, sapendo che ormai tutto era compiuto, affinché si compisse la Scrittura, disse: «Ho sete». Vi era lì un vaso pieno di aceto; posero perciò una spugna, imbevuta di aceto, in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. Dopo aver preso l'aceto, Gesù disse: «È compiuto!». E, chinato il capo, consegnò lo spirito. Era il giorno della Parascève e i Giudei, perché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato – era infatti un giorno solenne quel sabato –, chiesero a Pilato che fossero spezzate loro le gambe e fossero portati via. Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe all'uno e all'altro che erano stati crocifissi insieme con lui. Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua. Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate. Questo infatti avvenne perché si compisse la Scrittura: «Non gli sarà spezzato alcun osso». E un altro passo della Scrittura dice ancora: «Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto». Dopo questi fatti Giuseppe di Arimatèa, che era discepolo di Gesù, ma di nascosto, per timore dei Giudei, chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù. Pilato lo concesse. Allora egli andò e prese il corpo di Gesù. Vi andò anche Nicodèmo – quello che in precedenza era andato da lui di notte – e portò circa trenta chili di una mistura di mirra e di áloe. Essi presero allora il corpo di Gesù e lo avvolsero con teli, insieme ad aromi, come usano fare i Giudei per preparare la sepoltura. Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora posto. Là dunque, poiché era il giorno della Parascève dei Giudei e dato che il sepolcro era vicino, posero Gesù. (Gv 18,1-19,42)
La domanda che Gesù fa ai soldati risuona oggi anche in noi: chi cerchiamo?
Siamo sicuri di cercare Gesù? Siamo sicuri di cercare di fare la volontà di Dio? Durante le nostre giornate chi cerchiamo? Cerchiamo dei modi per far soldi? Cerchiamo di far carriera? Cerchiamo di soddisfare il nostro bisogno di affetto? Cerchiamo di essere notati? Cerchiamo un po' di pace lontano da parenti e amici? Cerchiamo, cerchiamo, cerchiamo... Cosa cerchiamo?
Eppure Gesù non è un pregiato tartufo nascosto in chissà quale bosco. Gesù è al crocicchio delle nostre strade. Gesù è a sedere nelle nostre cucine. Gesù è in coda davanti a noi in tangenziale. Gesù è accanto a noi in autobus. Gesù non si nasconde. Si fa trovare. Anzi, è lui che cerca noi di continuo. Ma noi cerchiamo Gesù oppure cerchiamo altro? Noi cerchiamo di fare la volontà di Dio oppure ci spaventa?
"Ecco la cosa sorprendente: la voce di Cristo ripete anche a voi: “Che cosa cercate?”. Gesù vi parla oggi: mediante il Vangelo e lo Spirito Santo, Egli è vostro contemporaneo. È Lui che cerca voi, prima ancora che voi lo cerchiate! Rispettando pienamente la vostra libertà, Egli si avvicina a ciascuno di voi e si propone come la risposta autentica e decisiva a quell'anelito che abita il vostro essere, al desiderio di una vita che valga la pena di essere vissuta. Lasciate che vi prenda per mano! Lasciate che entri sempre di più come amico e compagno del vostro cammino! DateGli fiducia, non vi deluderà mai! Gesù vi fa conoscere da vicino l'amore di Dio Padre, vi fa comprendere che la vostra felicità si realizza nell'amicizia con Lui, nella comunione con Lui, perché siamo stati creati e salvati per amore, e solo nell'amore, quello che vuole e cerca il bene dell'altro, sperimentiamo veramente il significato della vita e siamo contenti di viverla, anche nelle fatiche, nelle prove, nelle delusioni, anche andando controcorrente". (Benedetto XVI, viaggio apostolico in croazia, veglia di preghiera con i giovani, Zagreb, sabato 4 giugno 2011)
Alla severa domanda "Ma noi cerchiamo Gesù oppure cerchiamo altro?" Benedetto XVI risponde con una dolcezza commovente. Parole piene di speranza e di amore. Preghiamo allora, chiediamo a Maria di accompagnarci per mano in questa costante ricerca di Gesù, perché ci aiuti a capire che noi da soli non possiamo nulla, che non possiamo pretendere di essere perfetti. Inginocchiati davanti alla croce di suo figlio chiediamole di aiutarci a rialzarsi tutte le volte che cadiamo, di aiutarci a vedere Gesù tutte le volte che non lo riconosciamo, di aiutarci a fare la volontà di Dio tutte le volte che abbiamo paura.
"Cercate Gesù. Cercate la sua presenza nella vostra vita, sforzatevi di conoscerlo sempre più intimamente; e non abbiate paura di farvi conoscere da lui. Portate le vostre domande e paure al Signore, perché in lui scoprirete il vero senso della vita e la vostra vocazione in questo mondo. Amate Gesù. Dategli voi stessi nella preghiera, ricevetelo nei Sacramenti, adoratelo nell'assemblea dei fedeli. Amare Cristo è la vostra risposta al suo amore per voi; è rispondere a ciò che lui vi dice, soprattutto nelle Scritture e nell'insegnamento della Chiesa. Nel suo amore troverete l'adempimento alle vostre aspirazioni più profonde, e crescerete nella piena maturità spirituale. Testimoniate Gesù. Riponete fermamente la vostra speranza in lui e lasciate che le vostre parole e azioni parlino coraggiosamente di questa speranza agli altri. Servite Cristo nella vostra famiglia e negli amici, e in tutti coloro che incontrerete sul sentiero della vita". (Giovanni Paolo II, ad un pellegrinaggio di giovani dell'arcidiocesi di Boston, Sabato 22 aprile 1995)

giovedì 13 aprile 2017

CI AMA SINO ALLA FINE

Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine. Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo, Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell'acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l'asciugamano di cui si era cinto. Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo». Gli disse Pietro: «Tu non mi laverai i piedi in eterno!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i miei piedi, ma anche le mani e il capo!». Soggiunse Gesù: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro; e voi siete puri, ma non tutti». Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete puri». Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Capite quello che ho fatto per voi? Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi». (Gv 13,1-15)
C'è una frase di questo brano che scuote le corde del tempo, una frase che, anche se all'apparenza sembra avere un significato "a breve termine", a leggerla bene è "infinita" ed è quasi impossibile contenerla nella nostra mente: "Li amò sino alla fine". Fino alla fine della sua missione terrena, fino al compimento del suo mandato missionario. Eppure noi sappiamo che non è così. Noi sappiamo che i destinatari di cotanto amore non sono solamente gli apostoli ma, bensì, ogni Uomo di ogni tempo e di ogni luogo, siamo anche noi. Sappiamo che quell'amore non si estingue sul Golgota. Sappiamo che quell'amore non è finito. Sappiamo che ci ha amato, che ci ama e che ci amerà in eterno.
"La fornace arde. Ardendo, brucia ogni materiale, sia legno o altra sostanza facilmente combustibile. Il cuore di Gesù, il cuore umano di Gesù, brucia dell’amore, che lo ricolma. E questo è l’amore per l’eterno Padre e l’amore per gli uomini: per le figlie e i figli adottivi. La fornace, bruciando, a poco a poco si spegne. Il cuore di Gesù invece è fornace inestinguibile. [...] La fornace, mentre arde, illumina le tenebre della notte e riscalda i corpi dei viandanti raggelati. Oggi desideriamo pregare la Madre del Verbo eterno, perché sull'orizzonte della vita di ciascuna e di ciascuno di noi non cessi mai di ardere il cuore di Gesù, fornace ardente di carità. Perché esso ci riveli l’amore che non si spegne e non si deteriora mai, l’amore che è eterno. Perché illumini le tenebre della notte terrena e riscaldi i cuori". (Giovanni Paolo II, Angelus, Domenica 23 giugno 1985)
Preghiamo allora, chiediamo a Dio di scolpirci nel cuore questa frase - "Li amò sino alla fine" - in modo da poterla ascoltare in ogni istante della nostra vita, in questo Giovedì Santo, nei momenti di difficoltà, ma anche e soprattutto durante le cose di tutti i giorni.
"Poiché la vita è quella di tutti i giorni, dobbiamo imparare a percorrerla con i passi giusti, che sono tutti racchiusi in quella parola che ci attira e ci spaventa: "facendosi obbediente fino alla morte, e alla morte di croce". I passi che ci conducono alla felicità nel cuore del Padre sono i passi della nostra adesione e della nostra obbedienza al Padre e perciò della nostra fiducia nel Padre. Quando iniziamo il nostro cammino verso il cuore del Padre non voltiamoci più indietro, facciamo un passo dopo l'altro verso il Padre. Avremo spesso la tentazione di fermarci, chi non l'ha conosciuta? Avremo spesso la tentazione di tornare indietro, chi non l'ha provata? Gesù sa che obbedire al Padre non è facile, perché obbedire fino alla morte di croce richiede un amore che non finisce mai, una fiducia in Dio al di fuori delle nostre povere capacità di fiducia". (Mons. Giuseppe Pollano)

sabato 8 aprile 2017

OLTRE LA NOTTE

Quando furono vicini a Gerusalemme e giunsero presso Bètfage, verso il monte degli Ulivi, Gesù mandò due discepoli, dicendo loro: «Andate nel villaggio di fronte a voi e subito troverete un'asina, legata, e con essa un puledro. Slegateli e conduceteli da me. E se qualcuno vi dirà qualcosa, rispondete: "Il Signore ne ha bisogno, ma li rimanderà indietro subito"». Ora questo avvenne perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta: «Dite alla figlia di Sion: "Ecco, a te viene il tuo re, mite, seduto su un'asina e su un puledro, figlio di una bestia da soma"». I discepoli andarono e fecero quello che aveva ordinato loro Gesù: condussero l'asina e il puledro, misero su di essi i mantelli ed egli vi si pose a sedere. La folla, numerosissima, stese i propri mantelli sulla strada, mentre altri tagliavano rami dagli alberi e li stendevano sulla strada. La folla che lo precedeva e quella che lo seguiva, gridava: «Osanna al figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nel più alto dei cieli!». Mentre egli entrava in Gerusalemme, tutta la città fu presa da agitazione e diceva: «Chi è costui?». E la folla rispondeva: «Questi è il profeta Gesù, da Nàzaret di Galilea». (Mt 21,1-11)
L'acclamazione "osanna" per gli ebrei è un'acclamazione di gioia, ricorda il passaggio dalla schiavitù in Egitto alla Terra promessa, ricorda che Dio li ha salvati. In quell'osanna rivolto a Gesù c'è gioia e speranza, la speranza di essere salvati nuovamente. È un grido che dice "È giunto il momento del nostro riscatto, salvaci Gesù". Un grido che di lì a poco, però, si strozzerà attorno a due pezzi di legno. Colui che pensano essere il Messia sta entrando a Gerusalemme per essere ucciso. Pensiamo al trauma di queste persone... Molte non hanno capito la vera missione di Gesù, lo credono un re condottiero. Invece la corona di questo re sarà intarsiata di spine, il vino di questo re sarà aceto, il trono di questo re sarà una croce. Molti allora si fermarono qui e molti si fermano qui anche oggi. Non vanno oltre quelle due travi. Ma cosa c'è oltre?
"Il mistero pasquale di Gesù Cristo non si esaurisce nello spogliamento di Cristo. Non lo chiude la grande pietra messa sull'entrata del sepolcro dopo la morte sul Golgota. Il terzo giorno questa pietra verrà rotolata via dalla potenza divina e incomincerà a “gridare”: incomincerà a parlare di ciò che san Paolo ancora esprime in queste parole dell’odierna liturgia: “per questo Dio l’ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre” (Fil 2, 10-11). Redenzione significa pure esaltazione. L’esaltazione, la risurrezione di Cristo apre una prospettiva assolutamente nuova nella storia dell’uomo, nell'esistenza umana, sottomessa alla morte a causa dell’eredità del peccato. Al di sopra della morte sta la prospettiva della vita. La morte fa parte delle dimensioni del mondo visibile, la vita è in Dio. Il Dio della vita parla a noi della croce e risurrezione del suo Figlio. Questa è l’ultima parola della sua rivelazione. L’ultima parola del Vangelo. Proprio questa parola è contenuta nel mistero pasquale di Gesù Cristo". (Giovanni Paolo II, Omelia, Domenica 23 marzo 1986)
Preghiamo allora Dio Padre affinché ci mandi il suo Santo Spirito per vedere al di là della Croce, per vedere il sepolcro vuoto, per vedere la luce in fondo al tunnel, per andare oltre la notte, per credere nella resurrezione di Gesù, per credere nella nostra resurrezione, per credere nella vita eterna.
"Dio poi, che ha risuscitato il Signore, risusciterà anche noi con la sua potenza". (San Paolo di Tarso)

sabato 1 aprile 2017

O CAPITANO! MIO CAPITANO!

In quel tempo, un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato. Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. Le sorelle mandarono dunque a dire a Gesù: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato».All'udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!». I discepoli gli dissero: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?». Gesù rispose: «Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui». Disse queste cose e poi soggiunse loro: «Lazzaro, il nostro amico, s'è addormentato; ma io vado a svegliarlo». Gli dissero allora i discepoli: «Signore, se si è addormentato, si salverà». Gesù aveva parlato della morte di lui; essi invece pensarono che parlasse del riposo del sonno. Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui!». Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse agli altri discepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!».Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. Betània distava da Gerusalemme meno di tre chilometri e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello. Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell'ultimo giorno». Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».Dette queste parole, andò a chiamare Maria, sua sorella, e di nascosto le disse: «Il Maestro è qui e ti chiama». Udito questo, ella si alzò subito e andò da lui. Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. Allora i Giudei, che erano in casa con lei a consolarla, vedendo Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono, pensando che andasse a piangere al sepolcro. Quando Maria giunse dove si trovava Gesù, appena lo vide si gettò ai suoi piedi dicendogli: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato, domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». Gesù scoppiò in pianto. Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?».Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l'ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare».Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui. (Gv 11,1-45)
Quanto sarebbe bello avere anche solamente un briciolo della fede che ha Marta! Quanto sarebbe bello poter dire senza neanche un velo di dubbio: "Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio"! Guardando allo specchio la mia piccola persona mi rendo conto che la mia fede non è grande neanche come un miliardesimo di un granello di senape. Sono pieno di dubbi che, pur essendo fondamentali nella crescita spirituale, sono anche fonte di angoscia. Ma noi siamo così. L'istinto ci porta a dubitare, a dire: "Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni". L'istinto ci porta a non fare quello che davvero vogliamo fare. La volontà, però, può trasportare l'istinto verso acque sicure, se governata da Dio. Oggi non è raro sentir dire che bisogna vivere d'istinto, di pancia. Forse in alcune attività, penso a vari sport, può essere vero ma in generale non è mai una cosa giusta dividere il nostro essere. Noi siamo corpo, ed è qui che vive l'istinto, siamo anima, ed è qui che vive la volontà, e spirito, ed è qui che abita Dio. Siamo dei bellissimi velieri. Il corpo è l'equipaggio, l'anima è il veliero, lo spirito è la bussola, il sole, le stelle. Sta a noi navigare.
"Credi tu questo? Una domanda che Gesù rivolge ad ognuno di noi; una domanda che certamente ci supera, supera la nostra capacità di comprendere, e ci chiede di affidarci a Lui, come Lui si è affidato al Padre. Esemplare è la risposta di Marta: "Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che deve venire nel mondo". Sì, o Signore! Anche noi crediamo, malgrado i nostri dubbi e le nostre oscurità; crediamo in Te, perché Tu hai parole di vita eterna; vogliamo credere in Te, che ci doni una speranza affidabile di vita oltre la vita, di vita autentica e piena nel tuo Regno di luce e di pace". (Benedetto XVI, Angelus, Piazza San Pietro, Domenica 9 marzo 2008)
Preghiamo allora Dio Padre affinché accresca la nostra fede, giorno dopo giorno, dubbio dopo dubbio, miglio dopo miglio...
"Tu puoi, fratello mio, non credere in Dio, ma Dio non cesserà mai di credere in te". (San Pio da Pietrelcina)

sabato 25 marzo 2017

IMPAREREMO A CAMMINARE

In quel tempo, Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo». Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Va' a lavarti nella piscina di Sìloe», che significa "Inviato". Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva. Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l'elemosina?». Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». Allora gli domandarono: «In che modo ti sono stati aperti gli occhi?». Egli rispose: «L'uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, me lo ha spalmato sugli occhi e mi ha detto: "Va' a Sìloe e làvati!". Io sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la vista». Gli dissero: «Dov'è costui?». Rispose: «Non lo so». Condussero dai farisei quello che era stato cieco: era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest'uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c'era dissenso tra loro. Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!». Ma i Giudei non credettero di lui che fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. E li interrogarono: «È questo il vostro figlio, che voi dite essere nato cieco? Come mai ora ci vede?». I genitori di lui risposero: «Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco; ma come ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui: ha l'età, parlerà lui di sé». Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. Per questo i suoi genitori dissero: «Ha l'età: chiedetelo a lui!». Allora chiamarono di nuovo l'uomo che era stato cieco e gli dissero: «Da' gloria a Dio! Noi sappiamo che quest'uomo è un peccatore». Quello rispose: «Se sia un peccatore, non lo so. Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo». Allora gli dissero: «Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?». Rispose loro: «Ve l'ho già detto e non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?». Lo insultarono e dissero: «Suo discepolo sei tu! Noi siamo discepoli di Mosè! Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia». Rispose loro quell'uomo: «Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla». Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori. Gesù seppe che l'avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell'uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui. Gesù allora disse: «È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi». Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: «Siamo ciechi anche noi?». Gesù rispose loro: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: "Noi vediamo", il vostro peccato rimane». (Gv 9,1-41)
Anche quello di oggi è un brano che racconta di un incontro. Un incontro che cambia la vita. Ancora una volta è Gesù che fa il primo passo ma, come sempre, non impone la sua volontà. Lui fa una proposta, un invito. Sta all'uomo cieco la decisione finale. Gesù gli dice: "Va' a lavarti nella piscina di Sìloe". Il cieco nato poteva tranquillamente dire: "Ma che vuole questo, ma chi lo conosce, figuriamoci se vado alla piscina di Sìloe". Invece lui si fida di Gesù e questa fiducia lo guarisce e gli fa il regalo più bello del mondo.
"Fidiamoci di Gesù, affidiamoci a Lui (cfr Lettera enc. Lumen fidei, 16) perché Lui non delude mai nessuno! Solo in Cristo morto e risorto troviamo la salvezza e la redenzione. Con lui, il male, la sofferenza e la morte non hanno l'ultima parola, perché Lui ci dona speranza e vita: ha trasformato la Croce dall'essere uno strumento di odio, di sconfitta e di morte ad essere un segno di amore, di vittoria, di trionfo e di vita". (Papa Francesco, Via Crucis con i giovani, Lungomare di Copacabana, Rio de Janeiro, venerdì 26 luglio 2013)
Preghiamo allora, chiediamo allo Spirito Santo di darci la forza di fidarsi di Gesù, la gioia per credere in quello che ci dice, la voglia di imparare a camminare sul sentiero che, con amore, ci indica.
"Ho sperato nel Signore ed egli su di me si è chinato, ha dato ascolto al mio grido". (San Davide re e profeta, Salmo 40)

sabato 18 marzo 2017

UNO SEMINA E L'ALTRO MIETE

In quel tempo, Gesù giunse a una città della Samarìa chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c'era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani. 
Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: "Dammi da bere!", tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest'acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?». 
Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest'acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell'acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l'acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d'acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore – gli dice la donna –, dammi quest'acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». Le dice: «Va' a chiamare tuo marito e ritorna qui». Gli risponde la donna: «Io non ho marito». Le dice Gesù: «Hai detto bene: "Io non ho marito". Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero». 
Gli replica la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l'ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l'ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te». 
In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una donna. Nessuno tuttavia disse: «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli con lei?». La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?». Uscirono dalla città e andavano da lui. 
Intanto i discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». Ma egli rispose loro: «Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». E i discepoli si domandavano l'un l'altro: «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?». Gesù disse loro: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. Voi non dite forse: ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. In questo infatti si dimostra vero il proverbio: uno semina e l'altro miete. Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica». 
Molti Samaritani di quella città credettero in lui per la parola della donna, che testimoniava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo». (Gv 4,5-42)
Anche oggi il Vangelo è scuola di lungimiranza, una materia che abbiamo messo in soffitta preferendole l'"usa e getta" e il "tutto e subito". In questo brano intriso di eternità, Gesù ci riporta, ancora una volta, all'arte della pazienza, dell'essenziale, del "fare per Dio", del "gratuitamente date".
"Occorre trovare la giusta via in un terreno quasi sconosciuto, lavorando con tanti sacrifici, e forse senza avere la soddisfazione di vederne i frutti immediati. È proprio il caso di dire: «Altri è chi semina, altri è chi miete» (Io. 4, 37). Ma questo non deve scoraggiarvi. Il Signore vi aiuterà, come aiutò gli Apostoli quando, dopo aver faticato inutilmente tutta la notte, gettarono la rete fidando nella parola del Divino Maestro - in verbo tuo, come disse San Pietro – ed ottennero la pesca miracolosa. La nostra fiducia è Cristo; Egli a suo tempo saprà far maturare i frutti". (Paolo VI, Discorso alla III Congregazione Plenaria del Segretariato per i non Credenti, Venerdì 15 marzo 1974)
Ecco, Gesù ci fa una proposta: ci dice che possiamo lasciare la brocca dell'acqua vicino al pozzo e che possiamo, invece, bere un'acqua che sazierà la nostra "sete in eterno" e ci dice che possiamo seminare oggi una pianta di cui, forse, non mangeremo neanche un frutto o di cui, forse, addirittura non vedremo neanche spuntare il germoglio, una pianta destinata ad altri, ad altre generazioni, ad altri popoli, ad altri...
Preghiamo allora, chiediamo, come ha fatto la samaritana, a Gesù di darci quest'"Acqua viva", chiediamo a Gesù di insegnarci a seminare, non per noi, ma per il nostro prossimo, chiunque esso sia.
"Educare è come seminare: il frutto non è garantito e non è immediato, ma se non si semina è certo che non ci sarà raccolto". (Carlo Maria Martini)

sabato 11 marzo 2017

ASCOLTIAMOLO

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l'amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo». All'udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo. Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell'uomo non sia risorto dai morti». (Mt 17,1-9)
In un brano dove Gesù non dice quasi nulla, è Dio Padre che ci indica la strada. Con quell'"Ascoltatelo" ci invita a non sedersi sugli allori, a non costruire delle capanne, a non fare dei "gruppi chiusi"; ci invita, invece, a muoversi, a scendere fra la gente. Ma alla base di tutto questo c'è l'ascolto. Se non ascoltiamo Gesù, tutto il resto non ha senso.
La grazia di ascoltare Gesù. Perché? Per nutrire la nostra fede con la Parola di Dio. E questo è un compito del cristiano. Quali sono i compiti del cristiano? Forse mi direte: andare a Messa le domeniche; fare digiuno e astinenza nella Settimana Santa; fare questo… Ma il primo compito del cristiano è ascoltare la Parola di Dio, ascoltare Gesù, perché Lui ci parla e Lui ci salva con la sua Parola. E Lui fa anche più robusta, più forte la nostra fede, con questa Parola. Ascoltare Gesù! “Ma, Padre, io ascolto Gesù, lo ascolto tanto!”. “Sì? Cosa ascolti?”. “Ascolto la radio, ascolto la televisione, ascolto le chiacchiere delle persone…”. Tante cose ascoltiamo noi durante la giornata, tante cose… Ma vi faccio una domanda: prendiamo un po’ di tempo, ogni giorno, per ascoltare Gesù, per ascoltare la Parola di Gesù? A casa, noi abbiamo il Vangelo? E ogni giorno ascoltiamo Gesù nel Vangelo, leggiamo un brano del Vangelo? O abbiamo paura di questo, o non siamo abituati? Ascoltare la Parola di Gesù, per nutrirci! Questo significa che la Parola di Gesù è il pasto più forte per l’anima: ci nutre l’anima, ci nutre la fede! Io vi suggerisco, ogni giorno, di prendere alcuni minuti e leggere un bel brano del Vangelo e sentire cosa succede lì. Sentire Gesù, e quella Parola di Gesù ogni giorno entra nel nostro cuore e ci fa più forti nella fede. (Papa Francesco, Visita pastorale alla parrocchia romana "Santa Maria dell'orazione", 16 marzo 2014)
Quanto poco ascolto Gesù! Quanto poco ascolto chi mi sta di fronte! Quanto poco sto in silenzio! Il nostro è un tempo dove è facile, facilissimo, costruirsi alibi su alibi, scuse su scuse. Non è mai colpa nostra. È sempre colpa della società, della vita frenetica, dell'altro... Forse è giunto il momento di abbattere questi alibi, queste scuse, queste "capanne" e di dire: "Sono io che non voglio, sono io che ho paura del silenzio, sono io che non ho voglia di pregare, sono io che non ho voglia di "perdere" il mio tempo per Dio".
Preghiamo, chiediamo aiuto a Dio per buttare giù le nostre "capanne", per riconoscere i nostri limiti e per tornare ad ascoltare... ascoltare Gesù e ascoltare gli altri.
Tutto mi dice di convertirmi, tutto mi canta la necessità di santificarmi, tutto mi ripete e mi urla che, se un bene che io desidero non si verifica è solo per mia colpa, per mia grandissima colpa e devo sbrigarmi a convertirmi. (Beato Charles de Foucauld)

sabato 4 marzo 2017

IN PRINCIPIO ERA IL DESERTO

"In quel tempo, Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di' che queste pietre diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: "Non di solo pane vivrà l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio"».
Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: "Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra"». Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: "Non metterai alla prova il Signore Dio tuo"».
Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». Allora Gesù gli rispose: «Vàttene, satana! Sta scritto infatti: "Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto"».
Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano". (Mt 4,1-11)
"Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo". Colpisce che sia stato lo Spirito a portare Gesù verso le prove, verso le tentazioni. Questo brano è un po' come se ci dicesse che per farsi santi, per farsi il più possibile simili a Gesù, l'unica strada è quella della prova. Bisogna macerare nella prova, nella tentazione, per acquisire il sapore della santità.
Gesù viene dunque condotto nel deserto, perché affronti le tentazioni di Satana e perché possa avere un contatto più libero e più intimo col Padre. [...] Siamo dunque richiamati al valore integrale del deserto come luogo di una particolare esperienza di Dio, quale era stato per Mosè e per Elia, e quale è soprattutto per Gesù, che, “condotto” dallo Spirito Santo, accetta di compiere la stessa esperienza: il contatto con Dio Padre in contrasto con le potenze opposte a Dio. La sua esperienza è esemplare, e ci può servire anche come lezione sulla necessità della penitenza, non per Gesù che era senza peccato, ma per noi tutti. Gesù stesso un giorno ammonirà i suoi discepoli sulla necessità della preghiera e del digiuno per cacciare gli “spiriti immondi” (cf. Mc 9, 29) e nella tensione della solitaria orazione nel Getsemani raccomanderà agli apostoli presenti: “Vegliate e pregate per non entrare in tentazione; lo spirito è pronto ma la carne è debole” (Mc 14, 38). Conformandoci a Cristo vittorioso nell'esperienza del deserto sappiamo che avremo anche noi un divino confortatore: lo Spirito Santo Paraclito, poiché Gesù ha promesso che “prenderà del suo” e ce lo darà (cf. Gv 16, 14): prenderà della vittoria di Cristo sul peccato e su Satana, suo primo artefice, per farne parte a chiunque viene tentato, egli che condusse il Messia nel deserto non solo “per essere tentato”, ma anche perché desse la prima prova della sua potenza vittoriosa sul diavolo e sul suo regno. (Giovanni Paolo II, Udienza generale, sabato 21 luglio 1990)
Dobbiamo accettare la prova, la tentazione e provare a vincere. Non dobbiamo aver paura del deserto. Il deserto è quella cosa assurda, che credevamo non potesse capitarci mai. Non possiamo dirci cristiani senza essere passati dal deserto, senza aver avuto un periodo strano, assurdo, difficile, senza essere passati attraverso la stretta porta della prova, della tentazione. Il deserto è l'inizio di una nuova vita, come lo è stato per Gesù. Il deserto spacca in due la Sua esistenza. È uno spartiacque fra la vita con i suoi genitori a Nazareth e la vita missionaria che si apre davanti a lui.
Allora preghiamo, chiediamo aiuto allo Spirito Santo per avere il coraggio di affrontare il deserto e per avere la forza di superarlo.
"«Ciò che fa bello il deserto», disse il piccolo principe, «è che da qualche parte nasconde un pozzo...»". (Antoine de Saint-Exupéry)

martedì 28 febbraio 2017

NEL SEGRETO

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c'è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli. Dunque, quando fai l'elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipòcriti nelle sinagoghe e nelle strade, per essere lodati dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, mentre tu fai l'elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. E quando pregate, non siate simili agli ipòcriti che, nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. E quando digiunate, non diventate malinconici come gli ipòcriti, che assumono un'aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu digiuni, profùmati la testa e làvati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà». (Mt 6,1-6.16-18)
Questo brano non ha bisogno di molte spiegazioni. Gesù non racconta, Gesù insegna, spiega, indica la strada da percorrere. In modo molto pratico, come fa Dio nel libro del Siracide, "scrive" un libretto d'istruzioni.
"La parola di Dio ci da il giusto orientamento per vivere bene la Quaresima. Quando facciamo qualcosa di bene, a volte siamo tentati di essere apprezzati e di avere una ricompensa: la gloria umana. Ma si tratta di una ricompensa falsa perché ci proietta verso quello che gli altri pensano di noi. Gesù ci chiede di fare il bene perché è bene. Ci chiede di sentirci sempre sotto lo sguardo del Padre celeste e di vivere in rapporto a Lui, non in rapporto al giudizio degli altri. Vivere alla presenza del Padre è una gioia molto più profonda di una gloria mondana. Il nostro atteggiamento in questa Quaresima sia dunque di vivere nel segreto dove il Padre ci vede, ci ama, ci aspetta. Certo, anche le cose esteriori sono importanti, ma dobbiamo sempre scegliere e vivere alla presenza di Dio. Facciamo nella preghiera, nella mortificazione, e nella carità fraterna quello che possiamo, umilmente, davanti a Dio. Così saremo degni della ricompensa di Dio Padre". (Papa Francesco, audiomessaggio per l'iniziativa "Keeplent" del servizio per la pastorale giovanile della prelatura di Pompei, Mercoledì delle Ceneri, 10 febbraio 2016)
Facciamoci guidare dalle parole di Gesù, preghiamo, chiediamo il Suo aiuto per rimanere umili, per farsi piccoli, per restare "nel segreto".
"A volte la mia invisibilità mi affligge, ma non è una malattia che distrugge, è la cura per la malattia dell'egoismo, è l'antidoto per il mio orgoglio. Va bene che non mi vedano, va bene che non sappiano. Non voglio che mio figlio dica ai suoi amici: "Sai cosa fa mia madre? Si alza alle quattro, cucina, pulisce, lava...". Le faccio tutte queste cose, ma non voglio che lo dica. Voglio che venga a casa e voglio che dica ai suoi amici: "Casa mia ti piacerà". Va bene che non vedano. Non lavoriamo per loro, lavoriamo per Lui, ci sacrifichiamo per Lui. Non vedranno se lo facciamo bene, ma preghiamo che il nostro lavoro sia un monumento alla grandezza di Dio". (Nicole Johnson - La donna invisibile)

sabato 25 febbraio 2017

NON PREOCCUPATEVI DEL DOMANI

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: «Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l'uno e amerà l'altro, oppure si affezionerà all'uno e disprezzerà l'altro. Non potete servire Dio e la ricchezza.Perciò io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non séminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete forse più di loro? E chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita? E per il vestito, perché vi preoccupate? Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora, se Dio veste così l'erba del campo, che oggi c'è e domani si getta nel forno, non farà molto di più per voi, gente di poca fede? Non preoccupatevi dunque dicendo: "Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?". Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno. Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. A ciascun giorno basta la sua pena». (Mt 6,24-34)
"Cercate anzitutto il regno di Dio e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta". Questo è un concetto che ritorna spesso nelle parole di Gesù, da "Marta e Maria" al "non accumulatevi tesori". Quanto è difficile andare contro noi stessi! Siamo il nemico più difficile da battere. Noi siamo così, fragili, abbiamo bisogni di possedere, di fare, di correre. Ci viene più facile correre che fermarsi, ci viene più facile avere che dare, ci viene più facile fare che ammirare, parlare che ascoltare, ci viene più facile essere egoisti che altruisti. Lo abbiamo detto più volte: il nostro, spesso, è un vivere finito, limitato a questo mondo. Gesù invece ci dice di elevare il nostro pensiero, il nostro cuore e di vivere cercando il regno di Dio, verso l'infinito...
Care famiglie, voi potete testimoniare con la vostra storia che il Signore non abbandona quanti a Lui si affidano. Continuate a diffondere il vangelo della vita. Dovunque vi conduce la vostra missione, lasciatevi illuminare dalla consolante parola di Gesù: "Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta", ed ancora: "Non affannatevi dunque per il domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini" (Mt 6, 33-34). In un mondo che cerca certezze umane e terrene sicurezze, mostrate che Cristo è la salda roccia su cui costruire l'edificio della propria esistenza e che la fiducia in lui riposta non è mai vana. La santa Famiglia di Nazaret vi protegga e sia vostro modello. (Benedetto XVI, discorso alla comunità del cammino neocatecumenale, Vaticano, Giovedì 12 gennaio 2006)
Preghiamo allora, chiediamo a Dio Padre di darci la forza di plasmare la nostra volontà a immagine della sua in modo che possiamo finalmente fermarci, in silenzio, in ascolto...
Vorrei che Gesù purificasse il mio cuore per non essere più ribelle alla Sua Volontà, perché io non bramo altro che stare dove a Lui piace e come a Lui piace. In questa obbedienza e morte di me stesso, sta la gloria del mio Creatore. (San Gaetano Thiene)

sabato 18 febbraio 2017

DOVE È ODIO, FA' CH'IO PORTI L'AMORE

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Avete inteso che fu detto: "Occhio per occhio e dente per dente". Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l'altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. Da' a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle. Avete inteso che fu detto: "Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico". Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste». (Mt 5,38-48)
Gesù continua nella sua lezione e dopo la teoria passa alla pratica. Dopo averci detto che lui è venuto per dare pieno compimento alla Scrittura, oggi ci dice che noi siamo chiamati proprio a leggere quella Scrittura alla sua luce. Noi sulla teoria siamo bravissimi. Nei secoli abbiamo sviluppato un innato impulso alla teoria. È sulla pratica che zoppichiamo. Oggi Gesù ci dà una lezione durissima da digerire. Ci dice di porgere l'altra guancia, di amare il nemico, di amare il diverso, di amare lo sconosciuto. E, badiamo bene, non sono parole dette da un maestro che poi nella sua vita fa tutt'altro. No, sono parole, consigli, che Gesù stesso mette in pratica nel suo percorso terreno. Difende i peccatori, accoglie gli stranieri, perdona i suoi stessi persecutori. E noi cosa facciamo? Io cosa faccio per provare a mettere in pratica questo insegnamento?
È necessario che le famiglie siano autentiche "scuole di amore": famiglie profondamente unite e insieme aperte all'intera società; famiglie dove la vita umana è accolta con sacro rispetto fin dal momento del concepimento e dove ci si educa all'amore di ogni essere umano, senza distinguere tra amici e nemici. Se amassimo solo quelli che ci amano - ci ammonisce Gesù - che merito avremmo? "Non fanno così anche i pagani?". (Giovanni Paolo II, Ippodromo di Zagabria, Domenica 11 settembre 1994
È un cambiamento che, come tutti quelli che Gesù ci propone, deve partire da dentro di noi. Il papa ci dice che "è necessario che le famiglie siano autentiche scuole di amore". Dal piccolo della nostra casa, della nostra famiglia, può partire il cambiamento; perché di questo si tratta: cambiare, non farsi fagocitare dalla routine e dalla mediocrità, mettere a frutto il nostro essere "diversi". Non dobbiamo limitarci a fare quello che fanno gli altri; noi abbiamo il dovere di portare Gesù in quello che facciamo. Preghiamo allora, affinché possiamo trovare in noi il coraggio di portare Gesù ovunque andiamo.
O Signore, fa' di me uno strumento della tua Pace:
dove è odio, fa' ch'io porti l'Amore;
dove è offesa, ch'io porti il Perdono;
dove è discordia, ch'io porti l'Unione;
dove è dubbio, ch'io porti la Fede;
dove è errore, ch'io porti la Verità;
dove è disperazione, ch'io porti la Speranza;
dove è tristezza, ch'io porti la Gioia;
dove sono le tenebre, ch'io porti la Luce.
O Maestro, fa' ch'io non cerchi tanto:
essere consolato, quanto consolare;
essere compreso, quanto comprendere;
essere amato, quanto amare.
Poiché è:
dando, che si riceve;
perdonando, che si è perdonati;
morendo, che si resuscita a Vita Eterna.
(Padre Esther Bouquerel)

sabato 11 febbraio 2017

IN ALTO I CUORI

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto. Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli. Io vi dico infatti: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli.Avete inteso che fu detto agli antichi: “Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio”. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna. Se dunque tu presenti la tua offerta all'altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all'altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono. Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all'ultimo spicciolo!Avete inteso che fu detto: “Non commetterai adulterio”. Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore.Se il tuo occhio destro ti è motivo di scandalo, cavalo e gettalo via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geènna. E se la tua mano destra ti è motivo di scandalo, tagliala e gettala via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geènna. Fu pure detto: “Chi ripudia la propria moglie, le dia l’atto del ripudio”. Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, eccetto il caso di unione illegittima, la espone all'adulterio, e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio.Avete anche inteso che fu detto agli antichi: “Non giurerai il falso, ma adempirai verso il Signore i tuoi giuramenti”. Ma io vi dico: non giurate affatto, né per il cielo, perché è il trono di Dio, né per la terra, perché è lo sgabello dei suoi piedi, né per Gerusalemme, perché è la città del grande Re. Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. Sia invece il vostro parlare: “sì, sì”, “no, no”; il di più viene dal Maligno». (Mt 5,17-37)
Gesù svela la sua missione: Gesù è venuto per dare "pieno compimento" alla Parola di Dio, Gesù è il "pieno compimento". In lui c'è tutto il messaggio di Dio, c'è tutta l'Alleanza, è il Verbo che si è fatto Carne. Nel rivelare la sua missione prende i discepoli per mano, smuove i loro cuori appesantiti dal greve giogo romano e dal greve obbedire alla Legge.
"Da tutto questo si capisce che Gesù non dà importanza semplicemente all'osservanza disciplinare e alla condotta esteriore. Egli va alla radice della Legge, puntando soprattutto sull'intenzione e quindi sul cuore dell’uomo, da dove prendono origine le nostre azioni buone o malvagie. Per ottenere comportamenti buoni e onesti non bastano le norme giuridiche, ma occorrono delle motivazioni profonde, espressione di una sapienza nascosta, la Sapienza di Dio, che può essere accolta grazie allo Spirito Santo. E noi, attraverso la fede in Cristo, possiamo aprirci all'azione dello Spirito, che ci rende capaci di vivere l’amore divino. Alla luce di questo insegnamento, ogni precetto rivela il suo pieno significato come esigenza d’amore, e tutti si ricongiungono nel più grande comandamento: ama Dio con tutto il cuore e ama il prossimo come te stesso". (Papa Francesco, Angelus, 16 febbraio 2014)
Non l'uomo al servizio della Legge, ma la Legge al servizio dell'uomo che, a sua volta, è al servizio di Dio. Accogliere, "masticare" il messaggio di Dio per poi farlo proprio. Gesù non vuole persone che seguono la Legge senza accoglierla, Gesù è venuto per prenderci per mano e si è fatto per noi "prisma di diffrazione" per farci vedere, vivere la Parola di Dio attraverso di lui.
Allora preghiamo, chiediamo a Gesù di prenderci per mano e di rendere i nostri cuori leggeri per poter vedere, comprendere e accogliere la Parola del Padre, così da poter amare "Dio con tutto il cuore" e amare "il prossimo come" noi stessi.
"Creati da Dio per amore e con amore, è per tale via che dobbiamo ritornare a lui [...] O felice quell'anima che sta unita con te, Verbo, e che si pasce e nutrisce di te, Verbo, e non trova quiete e non si contenta se non in te, Verbo. Solo l’amore di te, Verbo, ci può far quieti, perché siam creati per amare e posseder te. Quanto più ti trovo, tanto più sono assetata di cercarti". (Santa Maria Maddalena de' Pazzi)