sabato 28 gennaio 2017

POVERI IN SPIRITO

In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:«Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati.Beati i miti, perché avranno in eredità la terra.Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli». (Mt 5,1-12)
È impossibile fare l'esegesi di questo brano senza scrivere pagine e pagine di parole rischiando poi, però, di perdere completamente il senso del messaggio di Gesù. Invece Matteo riporta in maniera semplice, didascalica, le parole, allo stesso tempo dolci e severe, del Signore. Soffermandosi sulla prima frase, già si rimane spiazzati, già ci si sente indegni. "Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli"...
Si tratta di una grande sfida di fede. [...] Prima di tutto cercate di essere liberi nei confronti delle cose. Il Signore ci chiama a uno stile di vita evangelico segnato dalla sobrietà, a non cedere alla cultura del consumo. Si tratta di cercare l’essenzialità, di imparare a spogliarci di tante cose superflue e inutili che ci soffocano. Distacchiamoci dalla brama di avere, dal denaro idolatrato e poi sprecato. Mettiamo Gesù al primo posto. Lui ci può liberare dalle idolatrie che ci rendono schiavi. Fidatevi di Dio! [...] In secondo luogo, per vivere questa Beatitudine abbiamo tutti bisogno di conversione per quanto riguarda i poveri. Dobbiamo prenderci cura di loro, essere sensibili alle loro necessità spirituali e materiali. A voi giovani affido in modo particolare il compito di rimettere al centro della cultura umana la solidarietà. Di fronte a vecchie e nuove forme di povertà - la disoccupazione, l’emigrazione, tante dipendenze di vario tipo -, abbiamo il dovere di essere vigilanti e consapevoli, vincendo la tentazione dell’indifferenza. Pensiamo anche a coloro che non si sentono amati, non hanno speranza per il futuro, rinunciano a impegnarsi nella vita perché sono scoraggiati, delusi, intimoriti. Dobbiamo imparare a stare con i poveri. Non riempiamoci la bocca di belle parole sui poveri! Incontriamoli, guardiamoli negli occhi, ascoltiamoli. I poveri sono per noi un’occasione concreta di incontrare Cristo stesso, di toccare la sua carne sofferente. Ma - e questo è il terzo punto - i poveri non sono soltanto persone alle quali possiamo dare qualcosa. Anche loro hanno tanto da offrirci, da insegnarci. Abbiamo tanto da imparare dalla saggezza dei poveri! [...] In un certo senso i poveri sono come maestri per noi. Ci insegnano che una persona non vale per quanto possiede. [...] Un povero, una persona priva di beni materiali, conserva sempre la sua dignità. I poveri possono insegnarci tanto anche sull'umiltà e la fiducia in Dio. [...] La povertà evangelica è condizione fondamentale affinché il Regno di Dio si diffonda. Le gioie più belle e spontanee che ho visto nel corso della mia vita sono quelle di persone povere che hanno poco a cui aggrapparsi. L’evangelizzazione, nel nostro tempo, sarà possibile soltanto per contagio di gioia. (Papa Francesco, messaggio per la XXIX Giornata Mondiale della Gioventù del 2014, Vaticano, 21 gennaio 2014)
Lasciamoci guidare da queste parole del Santo Padre. Preghiamo, chiediamo a Gesù di farci venir voglia di questa povertà di spirito. Facciamolo con le parole, altrettanto semplici e cariche di emozione del Beato Enrico Suso:
"Signore Gesù Cristo, fammi povero di spirito acciò che io meriti possedere il regno de cieli". (Beato Enrico Suso)

sabato 21 gennaio 2017

FACCIAMOCI PESCARE

Quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaìa:
«Terra di Zàbulon e terra di Nèftali, sulla via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti! Il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luce, per quelli che abitavano in regione e ombra di morte una luce è sorta».
Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino».
Mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono. Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedeo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono.
Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo. (Mt 4,12-23)
Quante volte ci siamo soffermati sulla bellissima frase "vi farò pescatori di uomini"! Una frase che, fin da subito, dà una chiara impronta missionaria alla vita di chi si appresta a seguire Gesù. Infatti, Simone e Andrea prima e Giacomo e Giovanni dopo, non perdono tempo. L'evangelista purtroppo non descrive le facce dei protagonisti, ma possiamo comunque immaginarcele; sicuramente in quegli attimi saranno stati volti che lasciavano trasparire un vortice di emozioni: sorpresa, paura, gioia, attesa, ansia, speranza... Chissà davvero cosa avevano nel cuore e nella mente!? In questo turbinio emozionale e di pensieri loro dicono "Sì"! Un "Sì" che, come quello di Maria e Giuseppe, ai nostri occhi stanchi sembra del tutto folle. Eppure loro capiscono che per diventare "pescatori di uomini" si devono lasciar "pescare" da Gesù. Devono abbandonare le loro abitudini, il loro modo di pensare, devono "rifarsi" gli occhi, la mente e il cuore...
"Anche voi siete chiamati a diventare "pescatori di uomini". Non esitate a spendere la vostra vita per testimoniare con gioia il Vangelo, specialmente ai vostri coetanei. Io voglio raccontarvi un'esperienza personale. Ieri ho fatto il 60° anniversario del giorno in cui ho sentito la voce di Gesù nel mio cuore. [...] Non lo dimentico mai. Il Signore mi ha fatto sentire fortemente che dovevo andare per quella strada. Avevo 17 anni. Sono passati alcuni anni prima che questa decisione, questo invito, fosse concreto e definitivo. Dopo sono passati tanti anni con alcuni successi, di gioia, ma tanti anni di fallimenti, di fragilità, di peccato... 60 anni sulla strada del Signore, dietro a Lui, accanto a Lui, sempre con Lui. Soltanto vi dico questo: non mi sono pentito! [...] Non mi sono pentito perché sempre, anche nei momenti più bui, nei momenti del peccato, nei momenti della fragilità, nei momenti di fallimento, ho guardato Gesù e mi sono fidato di Lui, e Lui non mi ha lasciato da solo. Fidatevi di Gesù: Lui sempre va avanti, Lui va con noi! Ma, sentite, Lui non delude mai. Lui è fedele, è un compagno fedele. Pensate, questa è la mia testimonianza: sono felice di questi 60 anni con il Signore. Ma una cosa di più: andate avanti. (Papa Francesco, discorso ai giovani, Cagliari, Domenica 22 settembre 2013)
Nelle parole sincere di Papa Francesco c'è forse racchiuso il mistero del "subito lasciarono le reti... la barca e il loro padre e lo seguirono". Gli apostoli si sono fidati di quello scambio di sguardi. Hanno "guardato Gesù e si sono fidati di Lui, e Lui non li ha lasciati da soli", mai. Li ha fatti partecipi dell'avventura più importante dell'umanità. Non ha mai smesso di amarli: ha chiamato "amico" Giuda, pur sapendo quello che aveva fatto; ha guardato con misericordia Pietro dopo che era stato rinnegato per tre volte. Già... Pietro dovrà aver riconosciuto in quegli occhi misericordiosi gli stessi occhi che aveva incrociato in quell'indimenticabile pomeriggio sul mare di Galilea. Non li ha lasciati soli neanche dopo la sua Ascensione al Cielo, anzi... dà seguito alla sua promessa ("Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" Mt 28,20) donando loro lo Spirito Santo e loro, con la Grazie di Dio e con questa Fiducia, si sono fatti Santi.
Preghiamo allora, chiediamo di sperimentare quello sguardo, chiediamo di essere docili allo Spirito e facciamoci pescare da Gesù.
"Sono stata catturata nelle reti amorose del Divin Pescatore". (Santa Teresa di Gesù di Los Andes)

sabato 14 gennaio 2017

IL VERO POTERE È IL SERVIZIO

In quel tempo, Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l'agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è colui del quale ho detto: "Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me". Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell'acqua, perché egli fosse manifestato a Israele».
Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell'acqua mi disse: "Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo". E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio». (Gv 1,29-34)
Per capire Giovanni Battista dobbiamo fare un po' di fatica. Già, perché dobbiamo andare contro la nostra mentalità "finita". Lui era famoso, aveva un seguito incredibile, faceva "audience"; poteva tranquillamente dire "Sono io il Messia" che tanti, tantissimi gli avrebbero creduto. Questo perché è difficile per noi, andare al di là della vita terrena. Giovanni non ha ragionato come noi. Immaginiamoci le tentazioni che avrà subito. Eppure Giovanni, rimane povero, sia in corpo che in spirito. Si fa da parte. Non serve il potere, ma trasforma il potere in servizio.
"Certo, Gesù Cristo ha dato un potere a Pietro, ma di quale potere si tratta? Alla triplice domanda di Gesù a Pietro sull'amore, segue il triplice invito: pasci i miei agnelli, pasci le mie pecorelle. Non dimentichiamo mai che il vero potere è il servizio e che anche il Papa per esercitare il potere deve entrare sempre più in quel servizio che ha il suo vertice luminoso sulla Croce; deve guardare al servizio umile, concreto, ricco di fede, di san Giuseppe e come lui aprire le braccia per custodire tutto il Popolo di Dio e accogliere con affetto e tenerezza l’intera umanità, specie i più poveri, i più deboli, i più piccoli, quelli che Matteo descrive nel giudizio finale sulla carità: chi ha fame, sete, chi è straniero, nudo, malato, in carcere (cfr Mt 25,31-46). Solo chi serve con amore sa custodire!" (Papa Francesco, Omelia durante la Santa Messa imposizione per l’inizio del ministero petrino, Martedì 19 marzo 2013)
Preghiamo, chiediamo a Dio Padre la forza di rovesciare il pensiero che si insinua dentro di noi, secondo il quale quella del potere è l'unica strada per stare bene, per vivere nell'agio e nella disciplina. Soprattutto nelle nostre famiglie. Quel potere che vogliamo esercitare sul nostro coniuge, sui nostri anziani, sui nostri bambini. Chiediamo, allora, la forza di abbandonare la via del potere per poter intraprendere quella del servizio.
"Il frutto del silenzio è la preghiera.
Il frutto della preghiera è la fede.
Il frutto della fede è l'amore.
Il frutto dell'amore è il servizio.
Il frutto del servizio è la pace".
(Santa Teresa di Calcutta)

domenica 8 gennaio 2017

NATALE 2016

Se durante l'Avvento ci viene annunciato il Dio-con-noi, con il Natale capiamo che quel Dio non è solo con ma anche per noi ed è sempre l'angelo a rivelarcelo: "È nato per voi". È nato per me, per te, per ogni persona. Venga accolto o no, Lui è nato per tutti, è Dio per noi. Dio squarcia la tela che lo dipingeva solo come soprannaturale e diventa vivo e vero, nella carne di quel fragile bambino, nato nella periferia di una grande città. Non nel tempio, non su un trono, ma in una mangiatoia, fra paglia, animali, freddo e fra le mani calde e forti di Maria e Giuseppe. Quel bambino, che tu lo voglia o no, che tu lo ritenga Dio o no, che ti trasmetta qualcosa o no, è nato per te. La tela è squarciata, Dio non è più invisibile, Dio adesso lo puoi toccare, è qui ed è qui per te.

Il Vangelo ci mette di fronte le figure dei pastori che dopo aver fatto il pieno di meraviglia, di stupore, in ginocchio, davanti alla grotta di Betlemme, se ne tornano al loro lavoro dicendo a tutti, a tutti, quello che avevano udito e visto.
Ecco, nelle parole di Papa Francesco, l'invito che infiammò il cuore dei pastori di Betlemme, ecco l'invito che dovrebbe infiammare i nostri cuori: "Vi prego di non dare mai per scontato il mistero che vi ha investito, di non perdere lo stupore di fronte al disegno di Dio, [di] conservare questo dono ricevuto, evitando che si logori".

Quanto sono affascinanti i Magi! Hanno scatenato, negli anni, la fantasia e la curiosità di molti. Alcuni studiosi dicono che essi presero la strada indicata dalla "stella" da città lontane e diverse. Il film "Nativity" li ritrae come tre amici che abitavano nello stesso luogo e che insieme hanno fatto il viaggio verso Betlemme. In tutti i casi è bello vederli come esterrefatti davanti alla visione di quel Dio bambino. Proprio nel film di Catherine Hardwicke appaiono così, in stendhaliana estasi, mentre si avvicinano alla grotta; si guardano spaesati da un mistero troppo grande per essere racchiuso dal pensiero umano; le ginocchia che si piegano da sole e poi i profetici doni: l'oro, che indica la regalità, per il Re dei re; l'incenso, che veniva usato nel tempio, per il Sacerdote di tutti i sacerdoti; la mirra, usata nella preparazione dei corpi per la sepoltura, per onorare il Suo sacrificio.
Eccoci ancora richiamati allo stupore, quello stupore che ci ha accompagnato per tutto l'Avvento e per tutto il Natale. Lo stupore di Maria e Giuseppe al messaggio dell'Angelo, lo stupore dei pastori e ora quello dei Magi davanti a chi ha "colmando il fossato esistente tra il visibile e l'invisibile".

Nelle parole di Dio riecheggia quel che l'Angelo disse in sogno a Giuseppe - "Dio con noi" - e anche l'intuizione di Giovanni Paolo I - "Dio è madre". Dio parla proprio come una madre cotta d'amore per il proprio figlio, parla di Gesù come "l'amato". Ecco come ci dobbiamo sentire noi: amati dall'amore più grande di tutti, amati da Dio. Così, senza violentarci per cercare di piacere a qualcuno che già ci ama. Sicuramente è nostro dovere cercare di superare noi stessi, i nostri limiti, le nostre debolezze ("in me c'è il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo" Rm 7,18), ma è anche sacrosanto dire, se detto con cuore sincero: "Signore io sono questo, provo a tirare fuori il meglio di me ma non sempre ci riesco". Ecco, Lui ad un cuore sincero risponderà sempre: "Figlio mio, ti amo".

sabato 7 gennaio 2017

FIGLIO MIO, TI AMO

In quel tempo, Gesù dalla Galilea venne al Giordano da Giovanni, per farsi battezzare da lui. Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?». Ma Gesù gli rispose: «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia». Allora egli lo lasciò fare. Appena battezzato, Gesù uscì dall'acqua: ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui. Ed ecco una voce dal cielo che diceva: «Questi è il Figlio mio, l'amato: in lui ho posto il mio compiacimento». (Mt 3,13-17)
Nelle parole di Dio riecheggia quel che l'Angelo disse in sogno a Giuseppe - "Dio con noi" - e anche l'intuizione di Giovanni Paolo I - "Dio è madre". Dio parla proprio come una madre cotta d'amore per il proprio figlio, parla di Gesù come "l'amato". Ecco come ci dobbiamo sentire noi: amati dall'Amore più grande di tutti, amati da Dio. Così, senza violentarci per cercare di piacere a qualcuno che già ci ama. Sicuramente è nostro dovere cercare di superare noi stessi, i nostri limiti, le nostre debolezze ("in me c'è il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo" Rm 7,18), ma è anche sacrosanto dire, se detto con cuore sincero: "Signore io sono questo, provo a tirare fuori il meglio di me ma non sempre ci riesco". Ecco, Lui ad un cuore sincero risponderà sempre: "Figlio mio, ti amo".
"Gesù Cristo dà agli uomini la Legge nuova, la Legge del Vangelo, la quale assume e realizza in modo eminente la legge naturale, liberandoci dalla legge del peccato, a causa del quale, come dice san Paolo, «in me c’è il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo», e dona agli uomini, mediante la grazia, la partecipazione alla vita divina e la capacità di superare l’egoismo".(Benedetto XVI, Esortazione apostolica postsinodale Verbum Domini, San Pietro, 30 settembre 2010)
Allora preghiamo e chiediamo a Gesù la forza per "superare l'egoismo", la forza per attuare il bene, la forza di riconoscere i nostri limiti, la forza di tornare da Lui con cuore sincero, la forza di sentire quella voce che ci dice ancora e per sempre: "Figlio mio, ti amo".
"Se è necessario, agiamo in modo da avere una casa dove possano essere raccolti questi bambini.
È possibile che non vengano amati.
È possibile che i loro genitori non possano affrontare lo sforzo di occuparsi di loro.
Occupiamoci noi di loro.
Con ciò, voi e io realizzeremo qualcosa di bello per Dio.
Offriremo così uno splendido focolare a un bambino che, altrimenti, non sarebbe amato.
Faremo in modo che questo bambino sia amato. Faremo in modo che il cuore di questa madre si riempia di gioia.
Perché lì, nel fondo della sua anima, lei si sente tanto infelice...
Spero che pregherete perché Dio si stabilisca anche nelle vostre famiglie.
E che preghiate per vostro figlio, per vostra figlia, perché vostro figlio sia offerto a Dio, in suo servizio.
Per trasformarsi nel suo amore, nella sua bontà. Per essere il riflesso della sua vita nel mondo.
Per essere la speranza di felicità nel mondo.
Per essere la fiamma ardente di Dio nel mondo di oggi.
Il mondo non ha mai sperimentato un bisogno tanto grande dell’amore di Dio come oggi.
Non importa chi siete.
Forse siete una famiglia cristiana, una famiglia cattolica, oppure una famiglia non cristiana.
Ma ogni famiglia ha bisogno di pregare, ha bisogno di rivolgersi a Dio, ha bisogno di credere in Dio.
Ha bisogno di credere nell’amore di Dio".
(Santa Teresa di Calcutta)

giovedì 5 gennaio 2017

ORO, INCENSO E MIRRA

Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov'è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». All'udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele”». Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch'io venga ad adorarlo». Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese. (Mt 2,1-12)
Quanto sono affascinanti i Magi! Hanno scatenato, negli anni, la fantasia e la curiosità di molti. Alcuni studiosi dicono che essi presero la strada indicata dalla "stella" da città lontane e diverse. Il film "Nativity" li ritrae come tre amici che abitavano nello stesso luogo e che insieme hanno fatto il viaggio verso Betlemme. In tutti i casi è bello vederli come esterrefatti davanti alla visione di quel Dio bambino. Proprio nel film di Catherine Hardwicke appaiono così, in stendhaliana estasi, mentre si avvicinano alla grotta; si guardano, spaesati da un mistero troppo grande per essere racchiuso dal pensiero umano; le ginocchia che si piegano da sole e poi i profetici doni: l'oro, che indica la regalità, per il Re dei re; l'incenso, che veniva usato nel tempio, per il Sacerdote di tutti i sacerdoti; la mirra, usata nella preparazione dei corpi per la sepoltura, per onorare il Suo sacrificio.
"Possiamo immaginare lo stupore dei Magi davanti al Bambino in fasce! Solo la fede permise loro di riconoscere nei tratti di quel bambino il Re che cercavano, il Dio verso il quale la stella li aveva orientati. In Lui, colmando il fossato esistente tra il finito e l'infinito, tra il visibile e l'invisibile, l'Eterno è entrato nel tempo, il Mistero si è fatto conoscere consegnandosi a noi nelle membra fragili di un piccolo bambino". (Benedetto XVI alla festa di accoglienza dei giovani a Colonia, giovedì 18 agosto 2005)
Eccoci ancora richiamati allo stupore, quello stupore che ci ha accompagnato per tutto l'Avvento e per tutto il Natale. Lo stupore di Maria e Giuseppe al messaggio dell'Angelo, lo stupore dei pastori e ora quello dei Magi davanti a chi ha "colmando il fossato esistente tra il visibile e l'invisibile". Allora preghiamo Dio Padre affinché anche in noi nasca il desiderio di mettersi in cammino, di superare noi stessi per arrivare all'unico incontro che può appagare la nostra sete, che può farci attraversare il "fossato tra il finito e l'infinito".
"I Magi sono pieni di stupore davanti a ciò che vedono; il cielo sulla terra e la terra nel cielo; l'uomo in Dio e Dio nell'uomo; vedono racchiuso in un piccolissimo corpo chi non può essere contenuto da tutto il mondo". (San Pietro Crisologo)